Dopo Accattone Pier Paolo Pasolini decide di continuare il suo impegno nel mondo del cinema dietro la macchina da presa e lo fa dirigendo Mamma Roma, film del 1962 con protagonista Anna Magnani. Il titolo del film altri non è che l’appellativo di una prostituta romana (Anna Magnani) decisa a cambiare vita. La ghiotta occasione da prendere al volo arriva quando il suo protettore, Carmine, convola a nozze liberandola così da ogni legame di possesso. Questo la aiuta anche perché la donna ha un figlio, Ettore, che non sa nulla della professione della madre. Lei è disposta a tutto pur di renderlo felice e fargli vivere una vita serena. Per questo, una volta accantonata la prostituzione, con i soldi risparmiati, allestisce
un carretto di verdura in un mercato di piazza e si trasferisce con il figlio in un piccolo appartamento alla periferia di Roma. Qui, però, le cose non vanno come sperato. Il figlio si innamora di una ragazza più grande con un figlio e, per salvarla da un tentativo di stupro, viene anche pestato violentemente. Mamma Roma decide allora di intervenire, sia per salvaguardare il figlio sia perché per lui vuole e vorrebbe il meglio. Dopo il consiglio del parroco, al quale si rivolge per cercare un’occupazione al ragazzo decide di agire da sola e, tramite una serie di ricatti, cerca di far ottenere una buona posizione a Ettore. Non mette, però, in conto il fatto che il suo benefattore possa riaffacciarsi alla finestra e obbligarla a tornare da lui, mettendo in difficoltà anche il rapporto tra madre e figlio.
Un film in pieno stile Pasolini che fu presentato alla XXIII mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e che non sarebbe sicuramente quello che è ancora oggi senza la grandezza e la bravura di un’Anna Magnani plasmata dal regista, dal film e dal ruolo per dare vita a qualcosa di iconico destinato a rimanere nell’immaginario comune.
Mamma Roma, attraverso il legame tra una madre e un figlio, permette al regista di mostrare sullo schermo quell’amore materno che manca nella poesia pasoliniana, ma che diventa fondamentale nel momento in cui si propone qualcosa per il grande schermo. Inoltre il personaggio di Ettore diventa cruciale in questo contesto e in questo rapporto perché è attraverso il figlio che il regista parla di sé in maniera anche intima. Questo a differenza di quanto avviene per la madre la cui forza d’animo arriva a diventare cieca, come cieco è il suo amore materno che la trasforma in una vera e propria pedina o vittima del sistema. Una scelta, quella effettuata da Pasolini nei confronti della Magnani, dettata non solo al volto noto e perfetto per la parte, ma anche e soprattutto perché emblema di una determinata classe sociale volta a salire un gradino talvolta troppo alto, ma comunque necessario per cambiare o per provare a dare una svolta. Mamma Roma, infatti, è tutt’altro che omologata agli altri, ma anzi è un’anticonformista e anticonvenzionale per il modo che ha di vivere la vita e la sua professione. Al di là del non rivelarlo al figlio, la sua concezione nei confronti di questo mestiere la distingue dagli altri. Una Roma solenne e priva di colori (e talvolta di emozioni) fa da cornice a personaggi continuamente imprigionati e braccati nelle rispettive prigioni che vengono costruite attorno alle loro azioni. Una Roma che si avvolge anche intorno alla Magnani e alla sua interpretazione. Perché nel film di Pasolini lei non è l’attrice che il pubblico aveva imparato a conoscere, ad amare e ad apprezzare, ma è qualcosa di nuovo e diverso. Quello di Mamma Roma è un personaggio complesso e difficile che obbliga in qualche modo anche la Magnani a rivedere il suo modus operandi.
A metà strada tra il malinconico e il drammatico, Mamma Roma colpisce perché questo amore di mamma appare come commovente e un po’ “bizzarro”. Mamma Roma è un personaggio forte e tenace, che rompe quasi gli schemi rispetto alle figure (femminili) dell’epoca (in questo si potrebbe fare un confronto con Accattone sempre dello stesso Pasolini che ritrae le donne in maniera diversa).
C’è poi un alone di morte che pervade l’intero film: dal cimitero che si vede dalla finestra della prima casa dove Ettore e Mamm Roma vivono, alla loro entrata nell’androne del palazzo che avviene in un silenzio funebre. Questo per portare poi a una morte a effetto, piena di simbolismi e simbologie che richiama qualcosa di più grande. Così come appare simbolica l’assenza quasi totale di figure paterne (che rimanda anche al difficile e conflittuale rapporto del regista con il padre).

Ma se Anna Magnani (e il figlio) rappresenta il fulcro della storia, c’è un altro elemento che non può essere preso in considerazione: la città. Un grande omaggio a una Roma che il regista vuole sia raccontare che innalzare (e lo si evince fin dal titolo con l’idea di dare il nome dell’eterna Roma alla protagonista). La geografia della città spazia insieme ai personaggi e racconta più di quanto potrebbe.
La periferia diventa un luogo privo di identità, che vuole semplicemente imitare il centro urbano nella speranza di superarlo, ma non può liberarsi di ciò che lo rende tale. Ed ecco che la sua struttura (se di struttura si può parlare) diventa lo specchio degli abitanti.
Così come emerge la bellezza (e la decadenza) di una città come Roma, allo stesso modo viene fuori dai protagonisti una dignità umana che ha valore universale.
Ed è poi doverosa una menzione ai richiami religiosi all’interno del film nonostante Pasolini abbia sempre dichiarato il contrario. Appare, però, evidente che, soprattutto la figura di Ettore, contenga svariati riferimenti alla religione, sia il suo modo di fare, sia quello che si trova a fronteggiare sia il modo in cui reagisce. Lo era IERI, lo è OGGI e lo sarà DOMANI. (Analisi critica del film Mamma Roma di Pier Paolo Pasolini a cura di Veronica Ranocchi)

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