Presentato in concorso alla mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia nel 1963 Il servo è il film diretto da Joseph Losey, sceneggiato da Harold Pinter a partire da una novella di Robin Maugham. Si tratta di una collaborazione interessante che pone in evidenza il racconto dello scrittore Robin Maugham, ossessionato dal tema del controllo e della corruzione, così come lo stesso regista Losey. Alla base un’allegoria del rapporto di classe di quello tra servo e padrone, dove quest’ultimo non può più fare a meno del primo.
Protagonista il ricco londinese Tony, che, di ritorno dall’estero, si trasferisce nella sua nuova casa e assume Hugo Barrett come domestico. Tra i due si crea subito un legame tranquillo, all’interno del quale l’uno sembra non scavalcare l’altro. Tutto cambia quando Susan, la ragazza di Tony, incontra Barrett e, sospettando di lui, chiede al fidanzato di licenziarlo. Questi, però, rifiuta e anzi accetta la proposta di Barrett di assumere una domestica che altri non è che Vera, sua amante, che, così facendo e spacciandola per sua sorella, vuole farla entrare nel suo mondo per potersi spalleggiare a vicenda. Una volta assunta, Barrett incoraggia Vera a sedurre Tony.
Un giorno, di ritorno in anticipo da una vacanza, Tony e Susan trovano Barrett e Vera che dormono insieme e, a quel punto, il domestico è costretto a dire la verità, alla quale, però, aggiungono il dettaglio inventato di Tony che andava a letto con la ragazza, con grande disappunto di Susan. Tony è costretto a cacciarli e Susan se ne va in silenzio. È da questo momento che Tony cambia completamente diventando non solo dipendente da Barrett e Vera, ma anche un ubriacone. Questo finché non incontra Barrett in un pub che gli racconta che Vera si è presa gioco di entrambi e lo implora di riassumerlo come suo domestico. Accettando Tony si trova completamente cambiato e con i ruoli di servo/padrone invertiti perché è chiaramente Barrett adesso ad avere il coltello dalla parte del manico. Un gioco machiavellico destinato a finire nello stesso modo in cui è iniziato…
Il servo è un film sul quale poter riflettere a lungo sotto tanti punti di vista. Anche perché è lo stesso regista (e con lui anche i suoi collaboratori) a prendere spunti da ciò che lo circonda e da ciò che lo precede. Contaminando titoli di rilievo del passato e aiutandosi con una sceneggiatura nella quale niente è lasciato al caso, Losey realizza un film dove la macchinazione del personaggio principale arriva quasi a superare le tematiche perché a sorprendere lo spettatore è la modalità con la quale si arriva a una conclusione. Giocando con il fuoco o, per meglio dire, con le aspettative sia del pubblico che dei personaggi, il regista utilizza come strumento principale il sesso, permettendo al maggiordomo di ribaltare le posizioni sociali e arrivare a manipolare il desiderio. Naturalmente trattandosi di un film degli anni ’60, il rischio censura era all’ordine del giorno ed ecco la scaltrezza di Losey che, tra citazioni vere o presunte, utilizza elementi di Quarto potere per poter giocare con lo spettatore, prendendolo anche in giro. Dai grandangoli ai giochi di specchi, passando per luci e ombre e soprattutto un utilizzo ben calibrato del bianco e nero che, se da una parte esalta la sensualità di Sarah Miles, interprete di Vera, dall’altra camuffa i personaggi, mantenendo sempre vivo in tutti quell’alone di mistero e ambiguità.
Dopo aver citato la Miles non si può fare riferimento, oltre che a James Fox (Tony), a Dirk Bogarde e al suo Barrett che, con il solo utilizzo dello sguardo, restituisce al pubblico tutta la difficoltà nel comprendere completamente un personaggio ricco di mille sfaccettature.
Impenetrabile inquietante come Barrett doveva essere, Bogarde ha anche fatto le veci del regista per una settimana di riprese.
C’è poi da menzionare anche la messa in scena di Losey, claustrofobica e sconcertante nella sua modernità. Quell’abitazione labirintica è la vera protagonista del film. I personaggi si muovono all’interno di pochi ambienti che nascondono segreti e misteri, la scenografia è attenta ai dettagli e il design mescola antico e moderno.

Naturalmente contestualizzando il tutto ed essendo ambientato nel 1963 il film rappresenta una grande novità in grado di destabilizzare il panorama cinematografico, ma anche di convincerlo, soprattutto nell’immediato futuro. È grazie, infatti, a opere come questa che autori come Polanski e Roeg porteranno linfa vitale alla New wave europea e addirittura si può trovare un forte richiamo anche nell’attualità per esempio con Parasite di Bong Joon-ho. In conclusione Il servo è una delle prime opere cinematografiche a sottolineare il potere del desiderio sessuale nel ribaltamento dei rapporti di classe e a giocare con questa premessa. Lo era IERI, lo è OGGI e lo sarà DOMANI. (Analisi critica del film Il Servo di Joseph Losey a cura di Veronica Ranocchi)
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