Si può definire un vero e proprio gangster movie La furia umana di Raoul Walsh, film del 1949. Nello specifico nel film è possibile individuare tutti quegli elementi tipici del cinema noir che hanno caratterizzato il periodo 1949-1953. Perché quello che si evince da La furia umana è che da un lato il regista presta particolare attenzione nel mostrare un ambiente culturale e sociale ben preciso (quello in cui si sviluppa il racconto), fornendo una nuova dimensione rispetto a quella vista fino a quel momento che conferisce anche un maggiore realismo, necessario per questo genere di film e dall’altro, invece, ci sono tutti quegli inevitabili stereotipi melodrammatici necessari comunque
per il corretto funzionamento del filone.
Arthur Cody Jarrett, un gangster, assale un treno per una rapina e, a seguito di questo fatto, è accusato del feroce assassinio a sangue freddo di quattro uomini. Per evitare, però, una condanna estrema, pensa di autoaccusarsi di una rapina minore, a un motel. Considerata l’entità del reato Jarrett viene condannato “solo” a tre anni di carcere nel penitenziario dell’Illinois. Non convinti, però, dell’estraneità di Cody al crimine, Hank Fallon, un agente infiltrato, ottiene il compito di conquistare la fiducia del fuorilegge per ottenere le prove della sua colpevolezza.
Nel frattempo fuori dal carcere la banda sembra intenzionata a mettere le mani sul denaro rubato da Cody che quest’ultimo ha affidato alla madre, alla quale l’uomo è particolarmente legato fin da piccolo in quanto unico sollievo alle dolorose ricorrenti crisi causate da un male di natura ereditaria. Viene anche ordito un complotto per uccidere il protagonista e impossessarsi della refurtiva, ma fallisce per il tempestivo intervento dell’agente infiltrato, che, così facendo, ottiene la stima e l’amicizia di Jarrett. Peccato, però, che i piani di Hank Fallon non riescano del tutto a causa della notizia dell’assassinio di Ma’ Jarrett. Cody decide di evadere dal carcere e obbliga anche lui a seguirlo…
Con una struttura narrativa composita e articolata, nella quale ogni elemento è strettamente connesso a un altro, La furia umana risulta essere a tutti gli effetti un caposaldo del cinema noir e gangster. Al centro c’è, infatti, la parabola criminale di un gangster che si differenzia dai grandi classici per il fatto di essere in medias res, cioè senza mettere il pubblico a conoscenza di quelli che sono (stati) gli esordi e l’ascesa. Anche per questo, quindi, il film di Raoul Walsh è considerato e considerabile come moderno rispetto alla seconda ondata dei gangster-movies. Seppur incentrato sull’azione piuttosto che sull’atmosfera che circonda i personaggi, Walsh riesce nell’intento di incalzare il pubblico mostrando colpi di scena e una storia “diversa” da quelle alle quali il genere aveva abituato il pubblico. Non a caso il film in questione è tenuto d’occhio da grandi maestri del cinema successivo che lo “richiamano” in qualche modo attraverso personaggi, azioni, scelte registiche e stilistiche (si possono citare De Palma, ma anche Coppola).
In ogni caso il centro della storia attorno al quale ruota l’intera narrazione è doppio: da una parte il legame indissolubile e inscindibile con la madre per la quale Cody sembra nutrire un affetto ai limiti del normale e dall’altra la disperata ricerca di uno spazio in cui poter dare “libero sfogo” a questo desiderio. La madre è sicuramente il fulcro principale, attorno alla quale si muove ogni singola azione del protagonista che, per certi versi, sembra quasi perdere il primato di personaggio principale.
Ed è proprio questa spasmodica ricerca che lega il personaggio alla madre che permette di rendere ancora più chiara quella struttura semplice eppure complessa alla quale si faceva cenno inizialmente. Perché quella stessa complessità narrativa corrisponde, come uno specchio, alla complessità dei personaggi sullo schermo. A partire dal tutt’altro che semplice e lineare Cody, interpretato da un magistrale James Cagney, in grado di rendere ipnotico un personaggio del genere e farlo entrare di diritto tra i migliori cattivi cinematografici di sempre. Si potrebbe quasi definire come un’evoluzione di tanti altri personaggi negativi che hanno attraversato lo schermo e la storia del cinema.

Il suo complesso edipico e la sua totale e completa follia hanno l’effetto di stravolgere completamente una struttura ben consolidata che, seppur presente ed evidente, rompe quelle dinamiche familiari e sociali che, in altri titoli, avevano comunque mantenuto un certo equilibrio. E questo accade perché Walsh, tramite l’unico mezzo che aveva a disposizione, si fa portavoce, attraverso le ossessioni di Cody, delle ansie e delle paure dell’America del dopoguerra.
Se già si può individuare una metafora “di primo livello” accomunando il nucleo familiare alla gang, si può anche fare un passo più lungo e affermare che quei due nuclei in qualche modo rappresentano anche la società. O meglio il legame familiare, fraterno, affettivo che si crea da sempre con la madre e che, a cose normali, dovrebbe crearsi con la gang va a contrastare quello che è l’approccio con la realtà che li circonda e, quindi, con la società.
Ma Cody non è l’unico personaggio degno di nota perché al suo fianco ci sono, come detto, anche le figure femminili. Margaret Wycherly, per esempio, è la madre di Cody, donna quasi di potere decisa a non arrendersi pur di mantenere un vero e proprio controllo del figlio. Le sue azioni la rendono quasi un unicum per l’epoca perché fino a quel momento la figura della madre era quella di una donna amorevole e dimessa, quasi da porre in secondo piano. È con Walsh che la figura materna assume maggiore importanza, arrivando a toccare vette mai raggiunte prima di quel momento.
Su un piano diverso, più per gli atteggiamenti che per l’importanza, c’è anche Verna, la moglie di Cody, più interessata alle apparenze e alla bella vita. Anche per questo personaggio il regista sovverte gli stilemi classici e, invece che mostrarla come moglie premurosa e donna elegante, cambia le carte in tavola, stravolgendo anche la figura dell’attrice (Virginia Mayo) che fino a quel momento aveva sempre interpretato ruoli più di classe che mettevano in luce la sua bellezza dell’epoca.La furia umana è sicuramente un film che ancora oggi appare diverso dagli altri dello stesso periodo. Un film che sembra mescolare gli elementi che si erano conosciuti fino a quel momento per riproporli in una maniera quasi unica. E questo lo si deve a Walsh che lascia agire gli interpreti e la storia ponendo l’attenzione su una classicità destinata spesso a mettere in ombra anche il dispositivo filmico stesso. Ma sicuramente un film da annoverare tra i più diversi all’interno del genere gangster. Lo era IERI, lo è OGGI e lo sarà DOMANI. (Analisi critica del film La Furia Umana di Raoul Walsh a cura di Veronica Ranocchi)

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