PROFONDO ROSSO di Dario Argento (Ieri, Oggi e Domani)


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Uno dei più grandi successi se non il più grande e il più celebre tra i titoli diretti da Dario Argento è sicuramente “Profondo rosso”. Il film, uscito nel 1975, oltre a essere uno dei più riusciti e apprezzati del regista, è importante, non solo per la

storia del cinema in generale, ma anche e soprattutto per l’autore stesso. “Profondo rosso” segna, infatti, il passaggio di Dario Argento dal genere thriller, inaugurato con “L’uccello dalle piume di cristallo” e proseguito con gli altri due capitoli della trilogia, al genere horror. Un horror che, ancora oggi, a distanza di quasi 50 anni, spaventa non tanto per la violenza e la crudeltà messa in scena quanto per la modalità. Attento a ogni minimo dettaglio, senza lasciare nulla al caso, Argento costruisce una storia che, pur incasellandosi tra i film horror, ha molti richiami al thriller. Menzione doverosa, a sottolineare l’iconicità di questo titolo, ancora oggi apprezzato, è indubbiamente la colonna sonora firmata dai Goblin che regalano al mondo del cinema, e a quello della musica, un motivo destinato a rimanere negli annali. Tutto ha inizio in occasione di una conferenza sul paranormale. Una sensitiva tedesca interrompe l’incontro improvvisamente affermando di aver percepito un omicida nel pubblico. Spaventata, la donna si reca subito a casa, dopo aver confidato a un collega di sapere chi è la persona che ha percepito. Purtroppo, però, la sensitiva non potrà fare molto altro perché, una volta a casa, viene uccisa proprio dall’omicida che aveva percepito durante l’incontro. Ad assistere agli ultimi istanti di vita della donna, o meglio alla parte finale del brutale assassinio, c’è un giovane pianista, Mark Daly, che abita nello stesso edificio della sensitiva. Il giovane è in piazza, sotto casa, insieme all’amico Carlo, anch’egli abile pianista, ma con diversi problemi d’alcolismo, quando sente le urla della donna e si precipita a soccorrerla o comunque a tentare di capire cosa fosse successo. Appurata la morte della sensitiva, Mark si incuriosisce alla vicenda, che sembra intenzionato ad approfondire. E lo fa insieme a Gianna Brezzi, una giovane giornalista speranzosa di trovare uno scoop per scrivere un articolo accattivante e fin da subito attratta dal pianista. I due iniziano, quindi, a indagare cercando di mettere insieme tutti i pezzi del puzzle alla ricerca di una soluzione che in realtà è sempre stata sotto i loro occhi, ma loro non l’hanno mai notata. Così come lo spettatore, al quale viene mostrato tutto all’inizio. La soluzione, mostrata, appunto, quasi subito, appare poi complessa per il concatenarsi dei fatti e dei personaggi che creano volutamente confusione sia nel protagonista che nello spettatore. La genialità di Argento, però, sta proprio in questo: nell’aver apparecchiato la soluzione per gli osservatori più attenti e perspicaci, rendendola complicata, anche se è in realtà semplice ed evidente. Un film potente, ancora oggi in grado di destabilizzare chiunque. Un film dove tutti gli elementi combaciano e si intersecano alla perfezione, dando vita a un risultato più che ottimale, dove si mescolano aspetti appartenenti a più generi, a più contesti, a più tematiche. Basti pensare, per esempio, al rapporto tra i due protagonisti che, per certi aspetti, sembra ricondurre addirittura alla commedia con gag e situazioni, a tratti, paradossali. Ma un altro aspetto importante e interessante da questo punto di vista è la grande abilità di Dario Argento di coniugare popolare e sperimentale. Con “Profondo rosso”, il regista fa un’operazione di notevole importanza. Riesce a sperimentare qualcosa di nuovo (perché non c’era stato ancora un maestro dell’horror italiano) mescolandolo a qualcosa di popolare e adatto a tutti. Se, quindi, può vantare l’ispirazione e gli omaggi a Mario Bava e ai suoi grandi capolavori, Argento riesce, a differenza del regista di “Sette donne per l’assassino”, a coniugare film di genere e film d’autore. Un esempio a tal proposito? La scelta del protagonista. Perché Marc Daly è interpretato da David

Profondo Rosso Recensione

Hemmings, il celebre fotografo di “Blow up”, il film di Michelangelo Antonioni che si prende gioco del mezzo cinematografico e non solo. Un film che lo innalza su un piedistallo e lo inserisce tra i grandi volti di quel periodo. Ma sicuramente un film d’autore. Argento, quindi, sceglie di utilizzare proprio questo volto, noto per essere protagonista di uno dei film d’autore per eccellenza, per diventare anche un volto popolare. Marc diventa, infatti, una sorta di eroe. Fin da subito è il bravo ragazzo della porta accanto e se, in “Profondo rosso” arriviamo a dubitare di chiunque, anche dei più insospettabili, su Marc non ci sono mai dubbi. Sono tante le cose che si possono dire di quello che è considerato, a ragione, il capolavoro di Dario Argento. Dal modus operandi di Marc e Gianna che indagano come due veri e propri detective, richiamando un genere, quello del giallo, al quale comunque Argento rimane indissolubilmente ancorato, almeno nella base, alle musiche, sempre perfette e al momento giusto. E non è un caso nemmeno il fatto che il protagonista sia un pianista, in modo da miscelare alla perfezione ciò che lo rende celebre e lo fa vivere con ciò che deve ascoltare per cercare di scampare al pericolo e, parallelamente, trovare indizi per risolvere un mistero forse più grande di lui. Inoltre, se abbiamo citato David Hemmings non possiamo non citare Daria Nicolodi, diventata poi compagna del regista e, con lui, madre di Asia, che, in questo cult, ha dato vita a un personaggio diverso dal classico stereotipo della donna che fa da spalla al protagonista. Gianna è una giornalista tenace che non si lascia spaventare troppo da ciò che le succede attorno e che è determinata a scoprire la verità, al fianco di Marc. Poi ancora un giovanissimo Gabriele Lavia, nel ruolo tutt’altro che semplice di Carlo, ma soprattutto la grande icona del cinema Clara Calamai nel ruolo della madre di Carlo. La scelta di utilizzare questa attrice, una delle maggiori dive del cinema italiano durante il ventennio fascista, non è casuale. Una scelta importante, soprattutto alla luce del ruolo all’interno del film. Argento voleva un’attrice anziana, un tempo famosa ma in seguito dimenticata. Un ruolo che, nonostante sia stato l’ultimo dell’attrice pratese prima del definitivo ritiro dalle scene, è uno di quelli maggiormente apprezzati. Ultima, ma non meno importante, la già citata colonna sonora che, mescolata alla nenia che riecheggia nelle orecchie e nella mente di Marc (e Gianna) e ai brani eseguiti al piano dal protagonista, è una dei protagonisti indiscussi del film. Uno degli elementi di maggiore forza e che, anche a distanza di decenni, è ancora conosciuta e apprezzata tanto da richiamare subito alla mente il grande capolavoro. A discapito degli effetti speciali ancora acerbi, Argento, con i mezzi a disposizione all’epoca, realizza un film da brivido che ancora oggi è in grado di “mettere in difficoltà” lo spettatore. Un film da vedere e rivedere, anche se si conosce già la “soluzione”. Lo era IERI, lo è OGGI e lo sarà DOMANI. (Analisi critica a cura di Veronica Ranocchi)

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