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Silent Night Recensione Poster

A vent’anni dal Paycheck che vide protagonista Ben Affleck, il maestro del cinema d’azione di Hong Kong John Woo torna ad occuparsi di una produzione statunitense con Silent night – Il silenzio della vendetta, sulla carta vera e propria scommessa decisamente inedita per il genere. Trovandosi infatti al suo centro un Joel Kinnaman privato della voce dopo essere stato ferito alla gola mentre inseguiva i malviventi che, impegnati in una guerra a fuoco tra bande, gli hanno accidentalmente ucciso il figlioletto nel giorno di Natale, si è scelto di costruire una oltre ora e quaranta di visione riducendo i dialoghi all’osso. Una scelta mirata sicuramente ad enfatizzare nel migliore dei modi il doloroso silenzio in cui l’uomo sprofonda nell’elaborare contemporaneamente sia il lutto per la grave perdita che il proprio piano di vendetta nei confronti dei responsabili della morte del suo bambino. Vendetta che decide di consumare esattamente un anno dopo il tragico evento e che finisce per occupare la seconda parte dell’operazione, con tanto di poliziotto interpretato da Kid Cudi a fare quasi da spalla allo stermina-cattivi muto. Un aspetto, quest’ultimo, rientrante però tra i pochissimi che lasciano intuire la presenza dietro la macchina da presa di colui che ci regalò tra gli anni Ottanta e Novanta i primi due A better Tomorrow e capolavori del calibro di The killer e Hard-boiled. Perché, se da un lato durante la mattanza di malviventi in Silent night – Il silenzio della vendetta vengono soltanto fugacemente tirati in ballo i double gun fight (espressione atta a descrivere il soggetto che spara utilizzando due pistole contemporaneamente), dall’altro non è presente neppure una delle mitiche immagini – tipiche di John Woo – in cui due avversari puntano l’uno l’arma da fuoco sulla testa dell’altro. Con l’utilizzo dei ralenti minimizzato e non più innovativo come un tempo, possiamo al massimo riconoscere il tocco di colui che all’anagrafe risulta come Wu Yu-sen nell’epilogo non troppo consolatorio; ma, per il resto, più che le consuete coreografie di balletti di pallottole che hanno provveduto a renderlo unico nell’ambito della Settima arte sembrano essere inseguimenti automobilistici e lamiere pronte a contorcersi ad essere privilegiati. Ciò che viene fuori, dunque, è una variante sopra la media dei plot alla base dei vari The punisher e Il giustiziere della notte capace senza alcun dubbio di intrattenere il pubblico d’inizio terzo millennio ammaliato dal Keanu Reeves dei John Wick (i cui produttori sono gli stessi Erica Lee e Basil Iwanyk qui presenti), ma che, considerando l’originale idea di fondo e colui che ne è alla direzione, spingeva a sperare in qualcosa di più. (La recensione del film “Silent Night” è a cura di Francesco Lomuscio)