– GIORNI PERDUTI di Billy Wilder (Ieri, Oggi e Domani)


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Che si tratti di commedia, di noir o di dramma, quando un film porta la firma di Billy Wilder è già un successo. E, infatti, è un’affermazione che si può fare anche relativamente a “Giorni perduti”, film del 1945 che altri non è che l’adattamento

Giorni Perduti di Billy Wilder Analisi Critica

Giorni Perduti di Billy Wilder Analisi Critica

del romanzo “The Lost Weekend” di Charles R. Jackson. Interessante non solo perché, come detto, è diretto da Wilder, grande esperto dietro la macchina da presa, ma anche per la valenza tematica che il film ha. Si tratta, infatti, della prima produzione di Hollywood ad affrontare il tema dell’alcolismo con un vero e proprio approccio drammatico. Le scelte fatte dai personaggi (e, quindi, “create” da Wilder) sono all’insegna della creazione di una consapevolezza dell’abuso di alcolici come malattia sociale negli Stati Uniti d’America (e non solo). E, grazie a questo, altri titoli successivamente si sono ispirati a questo modo di trattare l’argomento per riprendere la questione e porla centrale, come prioritaria. Oltre al discorso tematico c’è da considerare anche l’importanza del film in termini di premi e riconoscimenti, considerando che, alla luce di 7 candidature ai Premi Oscar, si è portato a caso ben 4 statuette, incluse quelle per miglior film e miglior regista. Per quanto riguarda la storia, essa ruota intorno a Don Birman, scrittore finito ancora prima di raggiungere il successo e, proprio per questo, diventato un alcolista. Il fratello e la fidanzata Helen hanno provato a dissuaderlo e convincerlo a smettere, ma sono stati tentativi vani. Tutto inizia con lui in partenza da New York che rimanda la partenza stessa per trascorrere il pomeriggio a ubriacarsi e rincasa senza farsi notare da Helen che lo sta aspettando fuori. La mattina dopo il protagonista torna al bar dove dà un appuntamento a una ragazza squillo innamorata di lui, Gloria. Poi inizia a raccontare al barman come si innamorò di Helen tre anni prima. Al termine del flashback Don rientra nel suo appartamento con l’intenzione di scrivere la storia della sua vita, ma deve combattere contro l’impulso di voler di nuovo tornare a bere. Impulso che non riesce a placare, anzi arriva a finire una bottiglia che aveva dimenticato di aver nascosto nel lampadario. Don prende allora la sua macchina da scrivere nella speranza di riuscire a impegnarla, ma tutti i banchi dei pegni sono chiusi. Esausto, torna al bar di Nat implorandolo per un drink, ma viene buttato fuori. Dopo aver preso dei soldi cade rovinosamente da una rampa di scale e si risveglia in ospedale, nel reparto alcolizzati. Qui l’infermiere “Bim” Nolan lo informa a proposito della “malattia della notte”, causata dall’astinenza che lo porterà ad avere terribili allucinazioni. Durante la notte Don riesce a fuggire e rientrare a casa. Helen, che lo stava aspettando fuori dall’ospedale, se ne va e il protagonista si addormenta, svegliandosi poi in preda alle allucinazioni che gli erano state preannunciate. Udite le sue urla, la padrona di casa chiama Helen che si precipita da lui e cerca invano di tranquillizzarlo. È in quel momento che Don pensa di dover porre fine alla propria sofferenza e va a impegnare il cappotto della ragazza prendendo in cambio una pistola. Una volta rientrato a casa scrive un ultimo messaggio per il fratello che sta tornando dalla campagna. Ma Helen, ancora determinata a salvarlo, cerca di convincerlo a non compiere gesti sconsiderati dopo aver scoperto la pistola. In quel momento Nat bussa alla porta e restituisce a Don la macchina da scrivere che aveva perduto il giorno dell’incidente. Ecco quindi la seconda possibilità che arriva a bussare alla porta di Don. Il protagonista ha il finale del romanzo e può provare a scrivere la storia del suo tragico weekend, ricominciando una nuova vita circondato dalle persone che ama e soprattutto lontano dall’alcool. Come già detto si tratta di un film importante soprattutto per come è rappresentata la tematica centrale, quella dell’alcolismo. Fino a quel momento era sempre stato utilizzato e rappresentato per situazioni principalmente comiche. Con “Giorni perduti”, invece, viene mostrato in maniera

Giorni Perduti Recensione
Una scena del film “Giorni Perduti” di Billy Wilder – Analisi Critica, Recensione

completamente diversa. Anzi, si può definire che il film di Wilder è il primo a essere una vera e propria denuncia verso l’alcolismo. Ma non è un film da analizzare solo dal punto di vista tematico, ma anche e soprattutto da quello visivo. Il background europeo che Wilder porta sullo schermo è una prova di realismo totale. L’ennesimo capolavoro di Wilder comunque, oltre a mostrare con spiccato realismo una tematica fondamentale, soprattutto per gli anni in cui fu girato e arrivò in sala, fa sempre ricorso a tratti cinici e a un’ironia tagliente (da tipica commedia nera della tradizione greca). Fin dalla prima inquadratura quello che si percepisce è l’occhio lontano del regista che osserva New York, una città simbolo superficiale dell’America e che rappresenta un punto di partenza ben preciso. Wilder apre il film sulla silhouette in bianco e nero di New York e poi, con un movimento di macchina, si sposta attraversando una finestra all’interno della casa del protagonista. Questo perché uno degli obiettivi di Wilder è quello di scavare dietro l’immagine-paesaggio che è New York e l’America in generale. E, per farlo, nel “concreto” va oltre l’immagine fine a sé stessa. Quello che vuole fare è superare le pareti spesse che separano il mito dalla realtà: mette, infatti, in scena una storia che rappresenta la tragica condizione di un uomo in rottura con le mitologie vigenti. A essere centrale in “Giorni perduti” non è solo e soltanto la tematica dell’alcolismo. Sullo stesso livello, infatti, c’è lo smarrimento di sé stessi, ben espresso dal fallimento lavorativo di Don che non riesce a portare a termine il proprio romanzo e si rifugia nell’alcool. Tornando al discorso relativo alla realtà e al volto particolare dell’America che Wilder vuole mostrare è emblematico il momento in cui Don vaga, disperatamente alla ricerca di un banco di pegni. Ciò che si trova di fronte è una città perduta, sonnambula e dormiente che sembra quasi abbandonarlo e, al tempo stesso, osservarlo mentre è inerme alla ricerca di qualcosa che forse non troverà mai. Da non dimenticare nemmeno le interpretazioni, in particolare quella di Ray Milland, straordinario nell’impresa dell’uomo disfatto e alcolizzato, anche quando la sua unica e flebile luce resta quella di usare i soldi che trova qua e là rubando unicamente per bere. Sorprendente la musica di Miklos Rozsa che accentua la disperazione di Don. Ma sorprendente è, come già ripetuto, la direzione di Billy Wilder che si conferma un maestro in tutto e per tutto, soprattutto per quanto riguarda montaggio e riprese. Un maestro che lascia lo spettatore con un lieto fine solo abbozzato, nel quale deve essere la speranza a farla da padrona. Riuscirà davvero Don a smettere di bere completamente? Il modo in cui viene raccontata la vicenda fa presagire che, anche se con un percorso lungo e stremante, la guarigione potrebbe davvero avvenire. Un film da non perdere e da vedere e rivedere. Lo era IERI, lo è OGGI e lo sarà DOMANI. (Analisi critica a cura di Veronica Ranocchi)

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