IL PORTO DELLE NEBBIE di Marcel Carné (Ieri, Oggi e Domani)


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Presentato in concorso alla sesta edizione della Mostra Internazionale d’arte cinamtografica di Venezia “Il porto delle nebbie”, nonostante la veneranda età (è del 1938) è diventato un vero e proprio simbolo per generazioni. Per capire il perché basterebbe sottolineare alcuni nomi: Pierre Mac Orlan, autore dell’omonimo romanzo del 1927 del quale il film è un adattamento; Marcel Carné, regista, Jacques Prevert, in questo contesto sceneggiatore e Jean Gabin, attore protagonista.

Il porto delle nebbie | Poster

Il porto delle nebbie | Poster

Al centro della storia c’è Jean, un disertore dell’esercito coloniale francese, che arriva al porto di Le Havre, nel nord della Francia, alla ricerca di aiuto. Un barbone e un pittore da quattro soldi sono le due persone che provano a dargli una mano. In una vecchia osteria Jean incontra la bella Nelly, una malinconica ragazza terrorizzata dal suo tutore Zabel, sospettato, a ragione, di essere l’assassino di Maurice, il fidanzato della giovane. Jean difenderà l’onore della ragazza, ma a caro prezzo.

Si tratta di un film chiave del cinema francese degli anni Trenta (che nonostante la presentazione a Venezia nel 1938, a causa della censura francese durante l’occupazione, fu distribuito in Italia solo nel 1943 e in edizione integrale solo nel 1959) nonché massima espressione del cosiddetto “realismo poetico”: una tragedia populista moderna con un eroe dimesso e solitario braccato dagli uomini e condannato dal fato.

Nonostante la definizione storica il film non ha nulla di propriamente realistico, ma è immerso in una dimensione mitologica sottolineata, oltre che dalla scrittura poetica prevertiana, anche dalle scenografie simboliche di Alexandre Trauner e dalla musica evocativa di Maurice Jaubert. Carné dirige con sicurezza, ma soprattutto ha il merito di coordinare gli eccellenti apporti individuali tra cui va anche ricordata la straordinaria fotografia di Eugène Schufftan, Louis Page, Henri Alékan, Philippe Agostini.

A proposito di nomi non si può non fare riferimento al protagonista della vicenda e al suo interprete. Se la figura di Jean ha tutte le caratteristiche dell’antieroe (è un disertore che disprezza la società), allo stesso tempo è anche un eroe (ha tratti popolari ma è tutto d’un pezzo, di poche parole) ed entrambe le “accezioni” sono ben riassunte dal corpo robusto di Jean Gabin. Nonostante sia etichettato come disertore, Jean è, in realtà, un “buono di cuore”, al quale potersi subito affezionare anche senza conoscerne il passato o le motivazioni che lo spingono a fare una cosa piuttosto che un’altra.

Ma ad avere la stessa importanza sono anche tutti gli elementi, solo apparentemente, di contorno. Da una parte i personaggi, che assumono carattere mitico e simbolico, anche perché del loro passato si conosce solo lo stretto indispensabile per il progredire della narrazione e del loro futuro non possiamo immaginare alcunché dal momento che è e sarà il destino ad avere la meglio. Dall’altra i luoghi di scena che richiamano, allo stesso modo, a un’idea astratta. Un esempio è la locanda nella quale si imbatte il protagonista. Innanzitutto essa è associata al nome di Panama: porto franco, terra di transito per anime senza passato e senza futuro e la sua stessa configurazione visiva la rende un qualcosa di sospeso, nel tempo e nello spazio, come fosse una sorta di Purgatorio nel quale si trovano a convergere diverse persone e personalità alla ricerca del proprio posto nel mondo.

Tornando alla “definizione” attribuita al film si può dire che, nonostante l’appellativo di “realismo poetico”, si tratta di un film di pura costruzione intellettuale studiato per simboli e con la più grande attenzione a evitare ogni minima tentazione realista. Fondamentale, anche per comprendere le scelte dei personaggi e la direzione data da Caré diventa la nebbia che sovrasta tutto il film e che rappresenta il pericolo, il destino, l’avvertimento nei confronti di chiunque a sottolineare quanto diventi più difficile muoversi e decidere. Niente è lasciato al caso ne “Il porto delle nebbie” perché ogni elemento è studiato e inserito con il preciso scopo di andare ad avvalorare questa tesi. Per

Il porto delle nebbie Recensione
Jean Gabin in una del film “Il porto delle nebbie” di Marcel CarnéRecensione / Analisi

questo motivo le case, il caffè e la gente sono tutti “brutti”: sono in realtà una rappresentazione di come sia impossibile persino la speranza. Questo fa pensare al pubblico che in realtà gli uomini non hanno né il compito né il potere di determinare niente. È il destino che decide.

Tali concetti sono stati possibili e sono stati resi magnificamente da due autori che, oltre a lavorare molto bene insieme, sono (stati) dei nomi fondamentali per tutto il mondo. Carné e Prévert erano fra i padroni del cinema francese di quel momento. Ma la loro sinergia non era abbastanza forte da poter contrastare le altre proposte. “Il porto delle nebbie” rappresentava quanto di meglio il cinema potesse offrire in Europa. Quella realizzata in questo film è arte vera, un qualcosa di nettamente contrapposto all’idea più prettamente americana del “solo” successo al botteghino.

Se dovessimo individuare una sorta di morale del film si potrebbe far riferimento, come già detto, al destino. L’idea alla base de “Il porto delle nebbie” è sicuramente quella del fato e destino che, viaggiando al di sopra di qualsiasi personaggio, dal protagonista eroe all’antagonista, dal nobile al reietto, decidono per loro, a prescindere da tutto e da tutti. Un film che invita a riflettere anche e soprattutto sull’autodeterminazione.

Uno dei film preferiti di Ingmar Bergman, non ebbe in realtà vita facile perché, oltre alla censura alla quale si faceva riferimento, in Francia fu accusato di disfattismo e indicato in seguito come una delle cause morali della sconfitta contro la Germania. Per fortuna l’accoppiata Carné-Prevert, però, è stata “fermata” grazie alla settima arte e, ancora oggi, è possibile recuperare questo caposaldo degli anni Trenta in grado di delineare una certa visione del mondo e della vita, ancora, per certi versi, molto attuale. Lo era IERI, lo è OGGI e lo sarà DOMANI. (Analisi critica del film “Il porto delle nebbie” di Marcel Carné a cura di Veronica Ranocchi)

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